"Allarme Polonio, in clinica tre persone. Mostrano segni di malattia". "Spia uccisa, Scaramella a Londra sarà sottoposto a test sulla radioattività". "Scaramella, Livtienko e tre russi. Chi è l'avvelenatore del polonio?".(La Repubblica).
Per settimane, il mondo è stato ed è sistematicamente bombardato da allarmi di vario genere: Polonio, Antrace, Sars...
Argomenti del genere, in linea di massima, arrivano a condizionare fortemente le persone, innescando un circolo di paure continue: da quella di aprire una semplice lettera (Antrace), a quella di andare a fare la spesa (Sars), o di salire su un aereo (Polonio).
Sono timori che restano nel tempo e avrebbero bisogno di essere superati.
Ma che fine fanno questi allarmi giornalistici?
Si aprono inchieste che tempestano telegiornali, quotidiani e periodici di tutto il mondo, ma che poi non trovano mai una conclusione.
Ma, allora, il compito di un giornalista non dovrebbe essere quello di andare a fondo nella ricerca della verità? Non doverebbe sciogliere il bandolo della matassa per fare luce e chiarezza in particolare su quei temi che hanno creato allarme?